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Il Centro Sociale Anziani rende omaggio alla donna con la voce di Rosa Antonuccio

Last updated on 29 Agosto 2021

Il soprano, magistralmente accompagnato al pianoforte dal maestro Riccardo Galimi, ha proposto al numeroso pubblico presente cinque pezzi e cinque icone di donne. Icone di un tempo, di un luogo, che danno l’idea del multiforme carattere della donna.

Maria, celebrata  e invocata  con l’Ave Maria di Bach-Gounod è  l’icona del Mistero, che attua il suo essere donna nell’accoglienza pura del Mistero, perciò diventa “benedetta tra tutte le donne”, come “benedetto è il frutto del suo grembo”. E’ la donna concreta, una giovane donna della terra di Israele che vive la straordinaria esperienza di divenire la Madre del Messia, il luogo dell’avvento di Dio nella storia. “Maria è scelta come donna, una donna che non ha bisogno di raccomandazioni speciali e che possiede, nella sua persona e nella sua qualità di donna, tutto quanto è necessario per vivere da alleata di Dio e compiere la sua missione” (J. Galat). E’ la donna fedele nell’amore, forte nel dolore, capace di prevenire il bisogno e di soccorrerlo. E’la donna che ristabilisce l’equilibrio rotto da Eva.

Carmen,  protagonista femminile del melodramma di Bizet, è l’icona di alcuni aspetti inquietanti dell’universo femminile. E’ la  donna libera, sensuale, selvaggia, indomabile, seducente. La donna che sceglie, cinica e sfrontatamente sincera. La donna che non crede molto alla costanza dell’amore. Nell’ aria del primo atto che abbiamo ascoltato, Habanera,  esprime la sua visione dell’amore:  l’amore è come un uccello ribelle, che non può essere ingabbiato né da formalismi né da convenzioni. E’ un uccello ribelle che nessuno può addomesticare. E’ come un piccolo zingaro, che non conosce legge. Carmen, gitana ribelle, scopre dalle carte la tragedia che l’attende, la morte per mano di don Josè amante respinto,  ma rimane fedele al suo disegno di libertà, andando incontro alla morte, come una eroina della tragedia greca. Jamais Carmen ne cédera! Libre elle est née et libre elle mourra!

Infedele nell’amore è Reginella ( 1917), che abbandona  l’amato con cui viveva felice anche se non mangiavano altro che pane e ciliegie e vivevano di baci. Lei cantava e piangeva per lui e  il cardellino cantava insieme a lei: “Reginella vuole bene al suo re”. Sembrava un amore destinato a durare in eterno, invece è  un amore bugiardo. Per Reginella l’amore diviene  una gabbia e vola via. Sceglie la vita frivola ma elegante e spensierata delle sciantose. Veste con abiti scollati, porta un cappello con nastri e rose e parla francese. L’amato invita il cardellino a scappare dalla gabbia che ha volutamente aperto, a volare via come se n’è volata la sua Reginella,  e a non continuare a piangere la sua padrona che non c’è più ma a cercarsene un’altra più sincera. Una flebile traccia rimane dell’antica passione: «ora che non ci amiamo più, tu a volte distrattamente pensi a me.

Diamante, protagonista della  canzone dedicata da Zucchero Fornaciari alla nonna Diamante Alduini Fornaciari, è l’icona dell’ amore che non può disperdersi nel tempo e che regge a tutte le fatiche della vita. E’ una domenica mattina. La guerra è finita ed i nonni, Delmo e Diamante,  osservano la vita del dopoguerra  nel paese natio. Diamante è l’icona della donna, moglie e compagna, che osserva la vita insieme al suo uomo. La donna  che sa consolare e offrire una spalla su cui piangere e ricominciare sempre d’accapo, sempre, come facciamo spesso noi donne anche oggi. Anche se  noi nonne della globalizzazione non rispondiamo più allo stereotipo della nonna con i capelli bianchi che racconta storie attorno al braciere, lavorando a maglia. Diamante si identifica col suo uomo, sono un tutt’uno “ pioggia sarò / e pioggia tu sarai”- “Più grande ti sembrerò /e grande tu sarai”. Ma ricostruire dopo la guerra non è facile e, anche se Delmo fa fiorire i nevai,  lo sconforto lo prende, ma  si fa forza “i bimbi grandi non piangono” dice.

Ecco che arriva il sostegno della sua donna “Delmo,  Delmo vin a’ cà”. Icona della donna fedele e paziente nell’attesa è  la donna alla quale  o surdato ‘nnamurato ( 1915), costretto nel fango  della trincea rivolge il suo canto intriso di nostalgia e tristezza. La tristezza e la nostalgia di molti giovani e giovanissimi ragazzi del Sud che sono partiti per la guerra ed hanno lasciato l’amore a casa. O surdato ‘nnamurato riceve consolazione soltanto dal pensiero che la sua donna  vive nell’attesa di lui come lui non pensa che a lei. Il canto e le lettere che arrivavano da casa erano gli unici momenti di sollievo per i soldati che soffrivano fisicamente e moralmente. Allora si diffuse un modo di dire entrato poi nella lingua corrente: canta che ti passa. Abbiamo cantato la donna  ma non abbiamo dimenticato il lungo e faticoso cammino delle donne per  le conquiste politiche, economiche e sociali, né abbiamo voluto sottacere che lungo è ancora il cammino da fare, poiché ancora oggi le donne subiscono discriminazioni e violenze.

Sappiamo bene che ciò che abbiamo acquisito non è conquistato per sempre. In cinquantuno paesi del mondo le donne sono entrate in sciopero anche perché nessuno rimanga troppo indifferente di fronte a notizie sconvolgenti che riguardano non più lo struggersi d’amore, ma il distruggersi  per un sentimento confuso e complicato al quale non si è educati, che spesso, sempre troppo spesso, in un momento di rabbia  strappa vite e sorrisi.

Per questo occorre anche una lunga opera di educazione all’amore. Un amore rispettoso dell’altro che è appunto altro da me, non un oggetto da chiuderei gabbia, per quanto dorata essa sia. E sappiamo che l’educazione ha tempi lunghi e  che tocca a noi donne.

Le opere scelte dal soprano, composte in momenti diversi della nostra storia, ci hanno aiutato a non perdere quel senso del vissuto, quel senso del tempo e della storia che oggi va sempre di più scomparendo.

Il presidente Fausto Gallo, nel dare il saluto ai rappresentanti delle istituzione e delle associazioni  e a tutti i presenti, ha ricordato i  prossimi impegni del Centro: la presenza a Cetraro della sciarpa della pace domenica 19 marzo e il 10 giugno la gita sul monte Pollino.

L’intervento del vicesindaco Fabio Angilica, che ha rivolto calorosi auguri a tutte le donne presenti,  è stato impreziosito dalla citazione di una celebre terzina dantesca che gli ha dato l’opportunità di sottolineare l’importante ruolo della donna che è soprattutto madre e mediatrice tra la Terra e il Cielo.

Donna, se’ tanto grande e tanto vali,/ che qual vuol grazia e a te non ricorre/ sua disianza vuol volar sanz’ali”.

A conclusione della serata la più piccola delle donne presenti Maria Carmen Avolio ha offerto un omaggio floreale al soprano.

A Rosa Antonuccio ed al maestro Galimi va il sentito grazie di tutto il Centro.

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