[Riceviamo e pubblichiamo la lettera aperta inviataci da Francesco Cometa, che ringraziamo per la collaborazione]

Ancora non mi capacito su ciò che accade… ma è proprio così difficile cambiare? Di sicuro è doveroso!

Il 9 marzo 2014 apprendo dal giornale Il Quotidiano cui io sono abituale lettore, che io stesso sarei stato fermato e controllato in compagnia di pregiudicati; questo da una relazione, spiega il giornale, della Commissione di accesso presso l’ASP di Cosenza, così come integralmente il documento è stato inviato al ministero dell’Interno dal Prefetto.

Il mio nome Cometa Francesco, nato a Cetraro (CS) il… (pubblicata anche la data di nascita onde equivocare omonimie) è stato pubblicato integralmente in un contesto di notizie dove esponenti di primo piano di clan locali, associazioni, imprese, hanno “passione” per la sanità.

Immaginate chi come me ha cercato di svolgere la propria funzione di infermiere per circa trent’anni, e quasi interamente nell’Asp cosentina non solo con la professione cui sono stato formato, ma anche con passione. La passione per il lavoro, l’onestà, non solo intellettuale. Ma, non era di questo che volevo parlare, perché le centinaia di persone con cui ho lavorato, le migliaia di utenti/pazienti che ho assistito ed assisto, me ne daranno ragione dello sgomento e sbigottimento che mi pervade e mai forse mi abbandonerà…

Giusto oggi (15.03.2014) leggendo il giornale predetto, apprendevo dell’aggressione al giornalista Orofino mentre si accingeva a scattare una foto ad uno dei principali indagati, considerato il vero dg dell’ASP dagli investigatori cosentini. Ebbene, questo signore che ha aggredito e picchiato in una pubblica piazza un giornalista nell’esercizio delle sue funzioni (dopo le vicende legate all’imbavaglio della stampa da esponenti politici di rilievo, che tanto clamore ha suscitato a livello nazionale) è stato individuato e pubblicato il suo nome solo con le iniziali: “P. C. del 1983, già noto alle forze dell’ordine, in attesa di giudizio per diversi reati”.

Come funziona questa giustizia? Si cautelano e si tutelano con la legge sulla privacy i delinquenti, e le persone oneste, invece, sono sbattute nell’arena in pasto ai leoni? Si parla degli esecutori materiali, delle intimidazioni e non si parla o ci si interroga sui mandanti?

Ho letto anche che a Paolo Orofino gli sono giunti attestati di solidarietà anche da politici. Se la potevano risparmiare!

Un altro articolo, di Pietro de Luca, ai commenti, dove l’onorevole Bindi presidente della commissione parlamentare antimafia dichiarava: “io credo che non si abbia percezione, fuori della Calabria, dei problemi strutturali di questa regione, dal lavoro alla viabilità, alla comunicazione, ai rifiuti. Tutto ciò che riguarda la vita della società. Davvero io credo che l’Italia dovrebbe essere più consapevole della situazione calabrese, che non è paragonabile a quella delle altre regioni del sud Italia”.

A seguito l’autore concludeva: “Per noi, le sue parole (della Bindi) confermano solo quello che sconsolatamente abbiamo sempre scritto e ripetuto: i veri nemici della Calabria li abbiamo in casa, li alleviamo noi e poi li mandiamo a Roma. Non ci vanno da soli. Hanno il nostro voto”.

Pensando a questi episodi, alla triste realtà di questa regione una ricetta l’ha espressa, sempre nei commenti, Mario Muzzi: “Purtroppo anche stavolta lo stagno paludoso della politica nostrana ha inghiottito il sassolino dell’ennesima provocazione del “povero prete” di Cetraro che, da tempo, è impegnato in una ricerca spasmodica, quasi disperata, di qualcuno che assuma la lodevole iniziativa di avviare un confronto-dibattito sulla crisi antropologica della politica e dei partiti in Calabria”. Continuava concludendo il pensiero di don Ennio Stamile: “…spingono il “non politologo” don Ennio a definire il prossimo appuntamento elettorale regionale come l’ultima occasione prima del baratro definitivo per i calabresi!”.

Io credo che ognuno deve difendere quello di meglio ha. Il sottoscritto non ha patrimoni da difendere, case, terreni, denaro… ma difenderò con le unghie e con i denti la mia vita di cittadino libero, onesto e lavoratore. Tanto mi è stato insegnato e tanto sento di trasmettere, ai figli, ai nipoti, alle generazioni future destinate altrimenti alla ricerca del solo bene materiale. È dovere di tutti difendere la propria terra, con i piccoli gesti, con le scelte! Non perdiamo altre occasioni!!!

Saluti!”