Era una splendida giornata di giugno del 1960. Attorno alle ore 9.30, mi trovavo in piazza e girovagavo senza una precisa meta. Alcuni amici, conoscendo la mia passione per la matematica e sapendo che io (perito industriale) impartivo lezioni private di questa scienza, mi avvicinarono con molta circospezione pregandomi di risolvere un problema, oggetto di esami degli alunni di terza media.

matematicaA primo acchito risposi che avevo da fare e che non potevo perdere tempo, ma detti amici insistettero fecendomi capire che la cosa era di estrema delicatezza e importanza.

La soluzione del problema serviva agli alunni impegnati negli esami di terza media. Inoltre, mi fecero intuire che, nonostante le difficoltà, qualcuno avrebbe tentato di far giungere la soluzione all’interno della Scuola Media, sita su Via S. Francesco.

Mi fecero accomodare nel Bar Roma, in via Luigi De Seta, e mi consegnarono un foglio con la traccia del problema e una penna. Mi accinsi subito all’opera: si trattava di un cubo sormontato da una piramide, la cui base quadrata non coincideva con la faccia superiore del cubo. Il problema era facile; l’unica difficoltà nasceva dal fatto se la striscia (superficie), compresa tra la faccia del cubo e la base della piramide, andava o no considerata nella superficie laterale.

Ricordando il teorema di Guldino, per analogia, non ebbi dubbi. Quella striscia andava considerata come parte integrante della superficie laterale.

Cartolina
Cetraro, Anni Cinquanta

Per meglio far comprendere quello che segue, devo precisare che la soluzione dello stesso problema era stata richiesta ad altri esperti in matematica e ciò con lo scopo di far giungere a più alunni la soluzione. Dopo aver risolto, a mio modo, il problema e senza preoccuparmi della destinazione di quel foglio, ritornai a casa. Attorno alle dodici, andai nuovamente in piazza e su via Luigi De Seta, allora strada molto animata, viva e commerciale, avvertii nei miei riguardi un qualcosa che non andava. Durante la mia assenza, non poche persone, che invidiavano la mia preparazione e pronte a denigrarmi, cominciarono a dire che avevo fatto sbagliare il compito ad alcuni alunni perché, nella soluzione del problema, avevo considerato nell’area laterale ciò che faceva parte dell’area totale. Confesso che io non seppi mai a chi giunse il mio elaborato e quanti ad esso attinsero.

Numerosissime persone vennero coinvolte nell’estemporaneo dibattito. Tranne Bertuccio Gagliardi, tutti si schierarono contro di me. In quel momento, uscì dal liceo classico dei Padri Pallottini il chiarissimo professor Braile, fratello di Mario, al quale vennero sottoposte due soluzioni, una delle quali era quella proposta da me. Io non conoscevo il prof. Braile e rimasi in disparte. Di fronte alla mia soluzione, il prof. Braile chiese chi avesse proposto quella soluzione e gli venne indicata la mia persona. Il professore disse poche parole: “Quel signore ha ragione”.

Il mio nome circolò per tutto il paese. “Muo’ nessunu cchiù parle, ognunu si fa’ l’affari suoi, ma a cchilli tiempi, tuttu chillu ca succedie’, facie’ lu giru d’u pajisu”. Gli elogi durarono tanto tempo. Successivamente, seppi che anche la docente della Scuola Media pronunciò parole di stima nei mei riguardi. Quell’estate, che fu l’ultima della mia permanenza a Cetraro, ebbi molti allievi per lezioni private di matematica. Incominciavo a far lezioni alle sette del mattino e finivo alle otto di sera. Molti allievi erano dell’Istituto Industriale, dell’Istituto Commerciale e delle Magistrali.

1960. Da sinsitra: C.Bosco, M. Vaccaro, L. Iozzi, R. Policicchio, M. Volati
1960: C.Bosco, M. Vaccaro, L. Iozzi, R. Policicchio, M. Volati