Un caffè con…Tommaso Cesareo: «Pentito di essermi dimesso e non aver continuato la legislatura»

di Giuseppe Natalini

Diciamoci la verità. Tommaso Cesareo è stato uno dei personaggi più “divisori” della storia politica cetrarese recente. O lo si ama, o lo si odia. Politicamente parlando, ovviamente. Verso di lui infatti, non esistono mezze misure. Il dirigente di Forza Italia, per 15 anni di fila eletto al consiglio comunale, dapprima all’opposizione (dal 2010 al 2015), poi con ruoli di primo piano sia nell’amministrazione Aita, periodo nel quale è stato Assessore al Turismo, Ambiente e Infrastrutture prima delle dimissioni, poi in quella Cennamo, dove oltre a ricoprire il ruolo di vicesindaco, ha ottenuto un record difficilmente superabile con 887 preferenze totalizzate nelle elezioni del 2020. Per questo, ma anche per il grande lavoro svolto molto spesso senza mezzi né economici e né organizzativi, ha fatto scalpore la sua decisione di non ricandidarsi nell’ultima tornata elettorale, forse scottato da quella che è rimasta solo una grandissima “illusione”, ovvero quella larga intesa della quale Cesareo era stato uno dei principali fautori. Oggi, dopo un lungo corteggiamento, il nostro caffè lo prendiamo con lui.

Tommaso, tanti anni di politica attiva. Guardando indietro, qual è il momento che più l’ha segnata nel suo percorso amministrativo e umano a Cetraro?

«La mia prima candidatura al consiglio comunale risale al 2010. Un’esperienza che si è conclusa con le mie dimissioni nel luglio 2014. Il momento che più mi ha segnato sul piano amministrativo è stato quando sono riuscito a salvare in extremis il finanziamento per la rete fognaria che il Comune di Cetraro rischiava di perdere. Sono riuscito ad ottenere tutti i parere necessari in modo che arrivasse l’ok e si realizzasse un qualcosa che dava finalmente a molti cetraresi la possibilità di usufruire di un servizio dignitoso. Sul piano umano, invece, è stato il risultato eccellente alle elezioni del 2020, quando circa 900 cittadini hanno riposto in me la loro fiducia. Quel risultato diventa ancora più straordinario se si considera che in quel momento, dopo l’addio alla giunta Aita, ero un semplice consigliere comunale uscente, senza aver ricoperto nell’ultimo periodo, ruoli di potere che avrebbero potuto influenzare il voto con i metodi clientelari da sempre molto in voga».

Ha deciso di non candidarsi alle ultime elezioni, ma non è rimasto in silenzio. Cosa l’ha davvero spinto a tirarsi fuori dalla corsa? È stata una scelta politica, personale, o il segnale che qualcosa si è rotto in un sistema che non sente più suo?
Col senno di poi, si è pentito della scelta?

«Ho deciso di non ricandidarmi perché credo che non si possa essere “buoni per tutte le stagioni”. Perciò, fallito il progetto di unire le migliori esperienze, a cui avevo creduto ciecamente, ho ritenuto opportuno ritirarmi da una competizione che non offriva nulla di nuovo. Col senno di poi, dico senza peli sulla lingua che sì, mi sono pentito di non aver continuato quella legislatura e di essermi dimesso, visti i risultati personali di alcuni candidati che per buona parte del mandato scorso sono stati indicati, dai cittadini e dai responsabili di alcuni partiti, come i maggiori responsabili dello sfascio politico e amministrativo di quell’esperienza. Avrei potuto continuare a occupare la “comoda” e ben remunerata poltrona da vicesindaco per altri due anni circa e, da quella posizione, continuare la mia opera, ritrovandomi magari ancora oggi ai posti di comando. Ma non è questa la mia visione della politica».

Nel suo post di fine campagna elettorale parla con amarezza di amici che l’ hanno delusa e di un clima avvelenato. Cosa è successo davvero dietro le quinte di questa campagna? Cosa intendeva quando scriveva di “comunicazione tossica”?

«La delusione a cui ho fatto riferimento riguarda le fasi delle trattative di quel progetto delle migliori esperienze, delle larghe intese. Tuttavia, è un aspetto che riguarda la sfera privata, per cui lo lascio fuori dalla discussione. Infine, la cosiddetta “comunicazione tossica” a cui spesso ho fatto riferimento è scaturita dal fatto che qualcuno, invece di affrontare a viso aperto l’avversario, ha pensato bene di rivolgersi, attraverso l’anonimato, a blog che hanno come unico obiettivo la delegittimazione dell’avversario tramite la calunnia e la diffamazione».

In che modo immagina il suo ruolo di “cittadino attivo” nei prossimi anni visto che non siederà più nei banchi del consiglio comunale?

«Credo che continuerò a essere una voce critica e costruttiva, ma soprattutto libera! Ad esempio, posso esternare una mia analisi del voto che mette in risalto macroscopiche incoerenze di buona parte dell’elettorato e di alcuni partiti. Nel corso della campagna elettorale, il tema più discusso ha riguardato la cultura, soprattutto quando è stato travisato un mio discorso in piazza. Si sollevò un coro unanime: “Giù le mani dai licei! Giù le mani dalla Cultura! Giù le mani dal Dirigente Scolastico!”. Ricordate? Bene, se tutta quell’indignazione (a questo punto non so quanto sincera) si fosse tramutata in consenso elettorale nei confronti del “simbolo della cultura”, il Dirigente appunto, non lo avremmo visto come l’ultimo degli eletti. E non mi pare che qualcuno piazzatosi prima di lui abbia gli stessi suoi requisiti! Riguardo l’aspetto politico, invece, non si può non notare il successo elettorale di quei candidati che in precedenza erano stati indicati (da cittadini e dirigenti di quegli stessi partiti che poi li hanno voluti nella loro lista) come i maggiori responsabili del fallimento amministrativo, a discapito, oltre che del Dirigente Scolastico, anche dell’unico candidato di Cetraro in Azione, il che diventa ancora più paradossale se si pensa che rivestiva il ruolo di segretario politico. Infine un passaggio è doveroso per quel che riguarda il “Supplizio di Tantalo” del partito di “Italia Viva”. Dapprima i renziani hanno posto delle pregiudiziali: nessun vecchio amministratore in lista insieme a loro, abbandonando anche il tavolo delle grandi intese. Poi però la retromarcia, perché i fatti hanno smentito le loro intenzioni, visto che improvvisamente si sono rivelati acconsenzienti all’ingresso in lista di chi ha governato nell’ultima legislatura. Ed infine la beffa. Questi ultimi presenti nella Giunta Comunale. A discapito proprio di chi? Dell’unico candidato eletto di “Italia Viva”. Tutto questo, nel loro silenzio più assoluto. Viene quasi il sorriso sulle labbra a ripensare a quei veti posti qualche mese fa…».

Ha sempre creduto nella forza del turismo per la rinascita di Cetraro. Se oggi potessi suggerire le priorità al nuovo governo cittadino, quali sarebbero? Pensa che la città abbia ancora il coraggio per un vero rilancio sotto il punto di vista turistico?

«Il turismo è un tema complicato, poiché non è qualcosa di statico, ma dinamico. La nostra città, e lo dico senza presunzione o falsa modestia, prima del mio avvento non aveva una vera e propria idea di cosa fosse il turismo, ancorata com’era alla sola idea di turismo balneare. Perciò non è stato facile tirare fuori dalle sabbie mobili dell’apatia un’idea stantia di turismo. Certamente il lavoro è ancora lungo. Cetraro ha grandi potenzialità, ma manca di una classe commerciale illuminata (salvo poche eccezioni), che sappia dare la spinta finale per il decollo. C’è da dire che per attirare nuovi investitori ci vorrebbe uno degli elementi essenziali che adesso purtroppo non abbiamo: la sicurezza! Agli investitori bisognerebbe offrire una città tranquilla! Le tre cose su cui puntare sono: il porto, il centro storico e il nostro splendido entroterra che offre ricchezze dall’agricoltura, ai boschi, ai laghi e alle leggende che ancora aleggiano da quelle parti».

Tommaso, il risultato elettorale ha comunque segnato una netta vittoria per la lista guidata da Giuseppe Aieta. Alla luce di questi numeri, come interpreta questo esito?

«La vittoria di Aieta è netta, ma, ripeto, l’elettorato avrebbe dovuto fare una selezione quanto più vicina alla qualità del neo sindaco, Ma così non è stato, salvo qualche eccezione. La lista di Del Trono è partita in netto ritardo rispetto a quella di Aieta, ma al suo interno c’è la classe dirigente del futuro. Per me era naturale appoggiare la lista che vedeva candidato a sindaco il coordinatore cittadino del mio partito. Le regole della politica continuerò a osservarle, con la speranza che lo facciano pure gli altri. Ci tengo a sottolineare infine che, per quanto è possibile, qualora il sindaco o chi per lui avrà bisogno della mia esperienza, sarò sempre a disposizione della città anche dall’esterno, ovviamente senza alcun ruolo istituzionale, ma solo per il bene di Cetraro».