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Un invito alla riflessione

Last updated on 25 Febbraio 2017

chiesa gemellaLa riconoscete? Penso di si, ma c’è qualcosa di strano, vero? Il campanile dovrebbe essere sulla sinistra e mancano le due porte laterali. Si, non è la chiesa di San Marco Evangelista che una volta sorgeva nel borgo San Marco di Cetraro marina. Non è neppure una vecchia foto, ma trattasi di una immagine recentissima di una delle sue “gemelle”: la Chiesa della Madonna Immacolata, sita nel territorio di Bisignano (CS).

“Sparse nel meridione di Italia, di queste Chiese ne furono edificate, committente il Vaticano, circa una mezza dozzina. Tutte realizzate nello stesso periodo, sulla scorta di un unico progetto architettonico e strutturale, naturalmente messe in opera dalla medesima impresa edile, precisamente  la  “Ditta Conforti” di Cosenza. Ergo, stesso quantitativo di ferro, calcestruzzo, stesse tecniche edificatorie e DD.LL. .

Sarebbe opportuno chiedersi perché, mentre negli altri paesi, come si evince dal documento fotografico che precede, i luoghi di culto sono stati fino ad oggi perfettamente manutenuti a servizio dei fedeli, a Cetraro M.na, non sappiamo se in modo più infantilistico che dilettantistico, o viceversa, al fine di giustificare una nuova opera pubblica non necessaria, che comporta e comporterà seri disagi, si è volutamente creato un problema grave. Si è fatto sì che la struttura, in modo assistito e controllato, andasse a deperirsi e non per problemi strutturali e/o irrisolvibili o dai costi insostenibili, ma banali, ovvero semplicemente, per  omessa manutenzione ordinaria.

Lo scollamento del calcestruzzo dalle parti strutturali, con conseguente caduta di calcinacci, non rappresenta un segnale di debolezza degli elementi portanti e/o un preavviso di collasso, come lo si è voluto fare intendere, ma rasserenante, essendo stato causato dall’eccessivo quantitativo di ferro d’armatura posto in essere. 

Una struttura solidissima, per la cui realizzazione non si è badato a spese, tant’è che col quantitativo di cemento armato presente ne avrebbero realizzate almeno due. Altro che pericolante!!!

Strano è, e ci si chiede perché,  trattandosi di un unico organismo edilizio,  la Chiesa,  a servizio dei fedeli così come il campanile sono stati dichiarati inagibili, mentre  canonica e garage, sicuri e fruibili e lasciati nella disponibilità del parroco negli anni a seguire l’ordinanza.  Il plesso era unico, senza giunti tecnici quindi non compartimentato…! 

Ma altrettanto incomprensibile è che non si è mai preoccupati di quella pratica diffusa e degradante, che è ciò che più della “Chiesa e della ex Scuola D. Faini” ha squalificato il tessuto urbano di Cetraro M.na . Un fenomeno talmente diffuso,  tant’è che anche il parroco, con la protezione del Signore,  tra un miserere ed una estrema unzione non disdegna…

Partendo da questa analisi, ci siamo sentiti in dovere di rendere pubbliche queste considerazioni per una sorta di precisazione storica degli eventi che in questi mesi hanno cambiando in modo radicale il volto della nostra Cetraro. Soprattutto la usiamo, per avere un esempio di come gli amministratori sfruttano tutti i mezzi, anche quelli meno convenzionali, per giustificare le scelte del loro governo.

Ci preme quindi, al di là dell’importanza e della validità di questi grandi e monumentali progetti, far riflettere sulle dinamiche decisionali con le quali si è voluto a tutti i costi riqualificare, o forse risqualificare, l’intera Cetraro. Decisioni prese in solitudine e prive di contraddittorio.

La diatriba tra il sindaco e il prof. Mario Braile, che si è consumata qualche tempo fa sul blog “Cetraro in rete”, è diventata per noi non solo spunto per dire quello che da tempo pensiamo in merito, ma un momento di riflessione su come le parole vengono usate non per dare un significato e un’importanza ad un’azione o ad un pensiero, bensì per travisare e, come si dice, girar la frittata, al fine di prendersi gioco dell’intelligenza altrui. A dimostrazione di quel che diciamo, tralasciando la triste frase “il muro della vergogna” a cui egregiamente hanno risposto i diretti interessati, vorremmo puntare l’attenzione su quest’altra frase contenuta nella risposta al prof. Braile: “Ciò che le sfugge è che erano i cittadini a chiederlo di abbatterlo perché stanchi di avere un’area vasta lasciata abbandonata all’incuria e al degrado. Si chiama riqualificazione urbana quella che centinaia di cittadini chiedevano. E’ l’abbiamo realizzata”.

Ma quando i cittadini hanno mosso questa richiesta? Ci risulta altro, ovvero che, con petizione a firma di oltre trecento borghiggiani, veniva chiesto di non abbattere la scuola realizzata dai veneto-trentini e poi ampliata dal de cuius Donato Faini. Rammentiamo che la scuola, unitamente ai 22 edifici, undici a nord ed undici a sud della piazza, oltre al lavatoio ed al forno comune, costituiva l’originaria maglia urbana, sulla cui regolarità e funzionalità tutti sono stati d’accordo.

Il messaggio che il sindaco vuol far passare in tanti suoi interventi sui vari media è che la maggioranza dei cetraresi condividono le scelte di questa e delle precedenti amministrazioni che da 10 anni guidano le sorti di Cetraro (i vari rimpasti hanno visto l’avvicendarsi di diversi amministratori). Quello che invece stiamo da tempo subendo è una sorta di “arroganza” istituzionale su questioni che, proprio per la loro importanza, noi pensiamo dovessero essere discusse democraticamente con tutta la popolazione prima che venissero prese decisioni irreparabili.

Ci sarebbe un lungo elenco da stilare delle opere realizzate sulle quali muovere critiche, non necessariamente negative, e sulle quali aleggia questa manifestata arroganza, ma non possiamo dilungarci molto quindi abbiamo preso la più rappresentativa cioè quella della nuova piazza del borgo san Marco e della demolizione della sua chiesa.

Crediamo fortemente che decisioni così radicali che cambiano in modo profondo la fisionomia del paese debbano esser prese in democrazia con il consenso della maggioranza dei cittadini. Crediamo che non basti solo la legittimazione elettorale per consentire a poche persone di decidere lo stravolgimento strutturale del paese perchè fin tanto che si decide per asfaltare una strada, illuminare una via, portare l’acqua potabile fisicamente nelle case della gente, è ovvio che pensare alla partecipazione dell’intera cittadinanza al processo decisionale, sarebbe di difficile gestione, ma per quanto riguarda i casi in cui la vivibilità della gente viene scombussolata è necessario che in democrazia, tutti esprimano la propria volontà. Questa è la forma più democratica della gestione del bene pubblico e che per questa amministrazione non dovrebbe essere una novità.

Ricordiamo che sono gli stessi che nel loro programma politico per le elezioni del 2005 avevano scritto che sarebbero stati nominati il Difensore Civico e i Comitati di Zona, quali segnali di trasparenza e partecipazione. Non ci sembra che sia stata rispettata questa priorità, anzi proprio in questo caso, l’arroganza di cui si parlava prima annichilisce profondamente il concetto di politica partecipata decidendo di trasformare la faccia del paese senza consultare la cittadinanza.

Nel caso specifico vogliamo farvi una domanda. Oggi come oggi, con la crisi economica che affrontiamo quotidianamente, che a queste nostre latitudini si fa sentire molto più pressante, quale sarebbe stata la decisione di un buon padre di famiglia?: quella di restaurare la chiesa con una “minima” spesa di 80 mila euro e averla già operativa da almeno un anno, tenendo anche l’edificio dell’ex scuola Donato Faini per utilizzarlo magari per fini sociali, oppure aprire un mutuo di un milione di euro che graverà sulle tasche di tutti i cittadini per far costruire una piazza gigantesca, fruibile solo quando vento e salsedine non imperversano sulla costa, e una piccola chiesetta utilizzabile, se tutto va bene, tra un paio di anni, perdendo oltremodo anche l’altro immobile e il suo valore?

Noi pensiamo che sarebbe stata cosa utile invece investire tutti questi soldi per provvedere alla sistemazione di un servizio primario che da anni è deficitario nel nostro comune, quello dell’acqua potabile. Il sacrificio chiesto ai cetraresi ci sarebbe stato lo stesso, ma almeno giustamente motivato e debitamente assunto.

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